domenica 15 febbraio 2009

Nell’arsenale della reazione

Sul calco di una canzone di Adriano Celentano del 1967, Alberto Figliolia, Davide Grassi e Mauro Raimondi intitolano Eravamo in centomila un loro libro dedicato alla storia del derby calcistico fra Inter e Milan. Dando anche il loro contributo all’agiografia dell’impresa sportiva, nello scavare e nello scovare tra ricordi freschi, men freschi e ricordi dei protagonisti, capita ai tre autori di cedere al fascino di un’analogia – quella fra una passione sportiva divisa più e meno equamente nelle grandi città e l’espressione delle convinzioni politiche. E’ così che l’eventualità di un’unica squadra di calcio chiamata a rappresentare un’intera città viene considerata una “dittatura” e che il derby, allora, viene eletto a simboleggiare la “democrazia”, rappresentando – dicono loro – “una sorta di bipolarismo calcistico, l’esaltazione della dialettica, della libertà”.

Sono tre anche gli autori di Nati per credere. Sono il neuroscienziato Giorgio Vallortigara, lo psicologo cognitivo Vittorio Girotto e il filosofo della scienza Telmo Pievani. Se dovessi farmi un’idea delle ragioni del titolo del loro libro da una dichiarazione pubblica di Vallortigara rimarrei piuttosto perplesso. Sarebbe “probabile” – a quanto afferma il neuroscienziato – che “la selezione naturale abbia premiato tra i nostri antenati proprio quelli in grado di vedere in un fenomeno non una conseguenza naturale ma l’azione di qualcuno”. Sarebbe pertanto in ragione di ciò che il nostro cervello è predisposto a credere – e il fatto che “i bambini sino a dieci anni tendono spontaneamente a spiegare col creazionismo l’origine degli animali”, qualsiasi siano le convinzioni dei genitori, lo dimostrerebbe. Grazie, poi, al fatto che il nostro cervello distingue fra “oggetti del mondo fisico” e “creature animate”, noi tutti saremmo “dualisti intuitivi” – da cui, giocoforza, deriverebbero le nostre convinzioni in ordine alla differenza tra corpo e spirito – gli altri esempi sono miei –, oggetto e soggetto, angeli e demoni, Inter e Milan, perché no ? mente e cervello e via dicotomizzando.

Sono predisposto a credere che un berlusconiano e un veltroniano possano godere di vantaggi evolutivi più di un anarchico cassintegrato sfrattato senza fissa dimora e denunciato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Ritengo probabile che il berlusconiano e il veltroniano possano trovare lavoro più facilmente, che questo lavoro sia più remunerativo, che questa remunerazione in più consenta loro un’alimentazione più sana, cure più adeguate, vacanze più beate, abbronzatura più albicoccosa, pelle più profumata e – stante quanto sopra – finanche l’opportunità di conoscere personalmente Mara Carfagna o Sabrina Ferilli, tramite le quali, sperando nel principio che da cosa nasce cosa, replicare il proprio patrimonio genetico mettendo al mondo figli patrimonialmente predisposti a continuare a credere in berlusconi e in veltroni.
Ma come non sono predisposto a credere che un bambino arrivi a dieci anni essendo in grado di sottoporsi ai test dei neuroscienziati senza aver dovuto sorbirsi un lungo processo di adattamento ideologico di cui i genitori sono soltanto in parte i protagonisti attivi, non sono affatto disposto a credere che questa propaganda per il dualismo universale sia gratuitamente frutto di una scienza neutrale. La causa, l’effetto, il mezzo, lo scopo, il naturale, l’artificiale, il soggetto, l’oggetto e via dicendo sono costruzioni mentali al cui buono e cattivo uso veniamo tutti addestrati meticolosamente – nella consapevolezza o nell’inconsapevolezza dei nostri addestratori.
Non vorrei che tutte queste dotazioni assegnate al cervello, come certi accessori diventati di serie nelle automobili che a viva forza ci vogliono rifilare, nascondano secondi fini – ratificare visioni del mondo giustificandole in una chiave evoluzionista che, usata impropriamente, ne risulterebbe screditata.

Per quanto folle possa sembrare, attualmente sono ancora attive – particolarmente attive – numerose agenzie formative antidarwiniane. Il perché e il come ciò sia avvenuto già nel 1859, all’indomani della pubblicazione de L’origine delle specie di Charles Darwin, è ben raccontato da Nicola Nosengo e da Daniela Cipollini in Compagno Darwin, da dove traggo due giudizi che non lasciano dubbi su ciò che sarebbe seguito in considerazione degli enormi interessi incancreniti che il libro veniva a disturbare. Recensendolo sul Times del 26 dicembre 1859, Thomas Huxley disse che L’origine delle specie era un “fucile Whitworth nell’arsenale del liberalismo” e Karl Marx disse che, “nonostante tutti i limiti”, è in quel libro che, “per la prima volta”, “la teleologia nella storia naturale riceve un colpo mortale”.

Nella misura in cui Marx aveva ragione sta tutto il nostro sgomento di fronte alle stolide e pretestuose aggressioni di cui, alla faccia di Marx, il pensiero evoluzionista fu fatto oggetto nel corso degli anni a venire – senza soluzione di continuità fino ai nostri tribolatissimi giorni così apparentemente neuroscientifici, così psicognitivisti e così epistemologici nonché ancora beceramente industriati da retrivi padroni alla difesa dell’ordine costituito costi quel che costi in termini di sensatezza.
Dalle “Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati per la scuola secondaria di primo grado” fornite dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti – siamo nel 2004 - venivano a mancare, rispetto al passato, alcune voci come “Origine ed evoluzione biologica e culturale della specie umana”, “Evoluzione della Terra”, “Comparsa della vita sulla Terra” e “Struttura, funzione ed evoluzione dei viventi”. E’ ancora una cronaca che colgo in Compagno Darwin. Alle proteste ed alle interrogazioni parlamentari che ne seguirono – e che, in parte, raggiunsero lo scopo di far recedere il ministro dalle sue intenzioni –, la Moratti rispose che “le Indicazioni nazionali privilegiano (…) le narrazioni fantastiche, i cosiddetti miti delle origini, che favoriscono l’approccio del bambino al dato scientifico e che, adeguatamente problematizzati, consentono di individuare gli elementi qualitativi e quantitativi, funzionali di qualsiasi discorso scientifico”. Il che valeva a dire che, d’ora in poi, a scuola si sarebbero raccontate balle in piena consapevolezza di chi le raccontava e che queste balle, non si sa bene in virtù di quale magia, avrebbero aperto la strada alla scienza nelle menti degli studenti futuri. Balle oggi, insomma, per una verità domani.

Il derby, per iniziativa di Edward Stanley, conte – per l’appunto – di Derby, nasce nel 1780 come corsa di cavalli di tre anni all’ippodromo di Epsom, in Inghilterra. Parecchi anni dopo, nel 1883, Umberto I istituì il Derby Reale con il preciso scopo di incentivare l’allevamento dei purosangue e delle corse dei cavalli in Italia. Ci son voluti almeno altri settant’anni perché il termine, con una scivolata semantica piuttosto cospicua, venisse metaforizzato fino al punto di designare la sfida calcistica tra due squadre della stessa città. Che ciò abbia a che fare con un processo di democratizzazione è ovviamente escluso. Il bipolarismo calcistico – come il bipolarismo politico – è il risultato di un processo che della democrazia è più o meno esattamente l’opposto: nella logica dei grandi monopoli, dopo una selezione niente affatto casuale del “più adatto”, vengono eliminate tutte le altre alternative – in rappresentanza della miriade di società calcistiche espresse dai cittadini – e vengono rafforzate due grandi imprese ideologiche che, nella loro presunta contrapposizione, riescano ad assorbire la quasi totalità delle risorse disponibili. Raccontarla in altro modo – privilegiando le consolatorie narrazioni fantastiche e reiterando i cosiddetti miti delle origini – è come arrendersi all’evanescente spiegazione di una religione, al suo potere politico ed al modello di società classista che ne deriva. La storia delle società di calcio è storia di fagocitazioni e di ibridazioni identica a quella di qualsiasi altra società di capitali. Quando gli schieramenti sono due e due soli, le differenze di origine – quelle differenze che, un tempo, potevano essere di classe, di ceto, di tradizioni e di stili di vita – si riducono fino quasi a sparire. E’ il Derby corso dai partiti compattati in due blocchi per raggiungere l’ambito traguardo del ceto medio. La dialettica potrà avvenire solo fra tesi ed antitesi – niente sintesi, stasi e nessun superamento – e di libertà potrà solo parlare chi, consapevolmente o meno, del sistema sarà complice.



Note
Eravamo in centomila è edito dai Fratelli Frilli, Genova 2008. Nati per credere è edito da Codice, Torino 2008 e Compagno Darwin è edito da Sironi, Milano 2009. Per la dichiarazione di Vallortigara, cfr. Roberto Bonzio, Darwin “difficile” per evoluzione nostra mente, dice studioso, in it.notizie.yahoo.com
Della gravità della situazione in atto testimonia anche la recensione al minimo sindacale che Dario Fertilio ha dedicato (nel “Corriere della Sera” del 14 febbraio 2009) a Compagno Darwin. Si complimenta per il titolo – che sarebbe “gradevole”, “induce al sorriso”, “fa giovane”, “sdrammatizza piacevolmente lo scontro tra evoluzionisti e creazionisti” – e, nel veleno della coda, dice che “però il diavolo si nasconde nei dettagli”. E in che consisterebbe questo “diavolo” ? Dove cascherebbero, insomma, questi asini di autori ? Risposta di Fertilio: nel dichiararsi “infallibilmente certi di discendere dagli oranghi, dal ‘brodo primordiale’ eccetera…”, insomma, nel qualificarsi come “darwinianamente corretti”. Ora, dal momento che le cose stanno esattamente al contrario – ovvia e neppur doverosa la premessa, se mai è la leggerezza del titolo che rischia di far perdere qualcosa in termini di tara al testo (il creazionismo non è una teoria scientifica che possa concorrere con l’evoluzionismo: non c’è alcunché da sdrammatizzare) –, non mi è difficile scorgere in questa ingenua richiesta di darwinismo scorretto il corrispettivo di tutte le volute e men volute misinterpretazioni dell’evoluzionismo – bimbi creazionisti e dualisti per nascita inclusi.

Felice Accame, Radio Popolare, 15 febbraio 2009