martedì 27 luglio 2010

Trasferimento blog

Il blog di Odradek è stato trasferito a questo indirizzo:
http://www.odradek.it/blogs/index.php

martedì 20 luglio 2010

Gerontocrazia

Qualcuno ha notato che "pedofilia" è termine colto e addirittura accattivante per designare una pratica tanto orrenda quanto inaccettabile. Con "gerontocrazia" siamo lì. Il termine trasmette fastidio, sarcasmo, ma non la ripugnanza per una pratica contro natura che mina la riproduzione dei rapporti sociali, l'avvicendamento delle generazioni. L'impazzimento del mondo si mostra anche nell'aumento di queste pratiche, che addirittura si generalizzano con l'innalzamento dell'età pensionabile. 

Anche i più recenti concorsi universitari banalizzano la pratica di favorire i vecchi a scapito dei giovani, per risarcire i primi della loro ignavia, e per colpire i secondi mettendoli in lista d'attesa ove mostrassero una qualche vitalità inopportuna. È capitato che a un concorso per ricercatore sia risultato vincitore un ultracinquantenne (!) per qualche chilo di pubblicazioni scamuffe accumulate stancamente, e stoppati almeno due giovani brillanti.  

Pubblichiamo questo pezzo di fucik apparso sul manifesto del 26 giugno 2010 per sottolineare che in questo paese esiste un'unica perversa logica.


Abbasso il posto fisso, viva la poltrona girevole  

di Fucik


Ma come vivono i fustigatori della cultura del «posto fisso»? Un piccolo esempio viene dal valzer delle poltrone aperto giusto ieri [25 giugno] con la nomina di Lamberto Cardia, ancora per quattro giorni presidente della Consob (l'autorità di controllo sulla Borsa), alla presidenza del gruppo Ferrovie dello stato. Finalmente un cambiamento! E mica starete a sottilizzare sui suoi 76 anni... Pensate che riesce anche a tenere una cattedra di contabilità dello stato all'università Luiss di Roma! Prende il posto di Innocenzo Cipolletta, giovane 69enne che certo non resterà disoccupato (è stato tra l'altro direttore generale di Confindustria, presidente dell'università di Trento, vice-presidente de IlSole24Ore, docente di politica economica alla Luiss, ecc). Il cambiamento purtroppo non investe Mauro Moretti, inossidabile amministratore delegato cui vengono perdonati incidenti più o meno gravi o addirittura stragi colpose come quella di Viareggio (32 morti, giusto un anno fa). 

Chi mai potrà ambire al ruolo di arbitro dei giochi sulla piazza finanziaria? Un ruolo così richiede competenze tecniche fuori del comune e un'imparzialità a prova di bustarelle grandi come un container. I due principali candidati al momento sembrano davvero super partes. Giuseppe Vegas, casualmente oggi vice-ministro dell'economia, così come gli era capitato col governo Dini e nei governi Berlusconi 2 e 3, passando per la vicepresidenza del gruppo parlamentare di Forza Italia. Ma nelle ultime ore (lui non insegna alla Luiss) sembra esser stato scavalcato da Antonio Catricalà, ora presidente dell'autorità antitrust e titolare della cattedra di diritto dei consumatori alla Luiss. Al rush finale avrebbe «allungato» dichiarandosi - ieri - favorevole alla modifica dell'art. 41 della Costituzione (limiti sociali entro cui l'impresa privata è libera); e persino al 117 e al 118. Motivazione? «Il paese ha bisogno di norme simbolo: la modifica dell'art. 41 risponde a questa esigenza». Niente che c'entri con l'antitrust, è chiaro; ma roba buona per cambiare la poltrona in scadenza con una di più lunga durata. Naturalmente la sua carica attuale resterà libera. Così il perdente Vegas potrà giocarsela alla pari con Vincenzo Carbone e Francesco Greco, magistrati (o ex) sì, ma certo non «toghe rosse». Ammettiamolo: tutta questa gente in effetti non ama il «posto fisso». Preferisce scambiarselo spesso per non annoiarsi troppo. Fucik, il manifesto, 26 giugno, 2010.





mercoledì 7 luglio 2010

Analisi socio-politica dei mondiali 2010

Un verso di Lucio Dalla che commenta un anacronismo

by Versus

Analizzare un anacronismo vivente come i Mondiali di Calcio potrebbe sembrare un esercizio quasi inutile agli occhi di alcuni osservatori. Come appaiono inutili e inconcludenti incontri fra i governi a livello mondiale, infatti – come ad esempio il G-8 o il neonato G-20 - anche per quanto riguarda il calcio, il confronto fra le rappresentanze ufficiali nazionali non sembra più offrire l’occasione per fotografare degnamente lo “stato dell’arte” al massimo livello possibile.
Come a livello politico ed economico, gli incontri e gli accordi fra le banche e le grandi corporations sono ormai i veri luoghi di decisione delle scelte sociali e politiche che coinvolgono le persone, a dispetto delle conferenze governative o dei meeting ufficiali fra stati, anche nel calcio, le competizioni “dei privati”, ossia i tornei per club, sia nazionali che internazionali, hanno surclassato per importanza, sia tecnica che commerciale, la kermesse della Coppa del Mondo.
Nel terzo millennio, poi, con il mondo “liquido”, in cui le comunicazioni vanno alla velocità della luce ed in cui sono accelerati al massimo i processi di crescita (e di decrescita) di qualsiasi fenomeno, l’idea che una squadra che vince un torneo di un mese, possa fregiarsi del titolo di miglior Nazione del mondo per ben 4 anni appare francamente ingiusta, oltre che fuori dal tempo.
Il romanticismo però che evoca la Coppa del Mondo, fa sì che questo torneo possa ancora attirare l’attenzione di milioni di spettatori e, quindi, quasi ci obbliga a cercare di trovare degli spunti o dei trend per quanto riguarda le indicazioni “socio-sportive” che ci ha indicato il torneo Sudafricano.
In poche parole possiamo dire il mondiale si è rivelato come la puttana che Lucio Dalla descrive nella sua canzone “Disperato Erotico Stomp”, ossia ottimista e di sinistra , per quattro, semplici ragioni.
La prima è che, nettamente, le squadre che puntavano realmente ad un gioco collettivo hanno superato quelle che invece puntavano quasi esclusivamente sulla abilità dei singoli; la seconda è che gli allenatori che hanno avuto successo hanno promosso, sia con il loro gioco che, soprattutto, con la loro storia professionale, il messaggio per cui la competenza può essere ancora un fattore più importante del glamour e dell’apparenza; la terza è il definitivo sdoganamento dell’immigrazione come risorsa necessaria e di qualità per un popolo, a differenza di quella “a chiamata” promossa dalle leggi che i governi di centrodestra hanno promosso negli ultimi anni, la quarta; è che le squadre con media età più giovane hanno fatto molta strada in questo mondiale.

Collettivo batte singolo

Il primo dato fondamentale che balza agli occhi analizzando i risultati di questo mondiale è che, mai come negli ultimi anni, la qualità del gioco collettivo ha assunto una maggiore importanza rispetto al talento dei singoli. Se Messico 1986 era stato certamente più il mondiale di Maradona che dell’Argentina, quello del 1998 più il mondiale di Zidane che della Francia, Corea/Giappone nel 2002 più il torneo di Ronaldo che del Brasile e , quattro anni fa, più il mondiale della nostra difesa (Cannavaro+Materazzi+Buffon) che della nostra nazionale, l’edizione di Sudafrica 2010 sarà ricordata certamente come una vittoria di squadra, piuttosto che nell’esaltazione del singolo. I testimonial dei grandi marchi commerciali, in cui le aziende avevano investito milioni di euro, come Rooney, Messi, Kakà e Cristiano Ronaldo sono andati fuori tutti prima delle semifinali, lasciando spazio a quattro Squadre con la S maiuscola, che fanno dell’organizzazione di gioco collettiva la loro forza. Quattro squadre che sembrano incarnare quattro diverse filosofie di gioco e di vita, ma che seguono tutte un identico percorso, ossia quello della consapevolezza nella divisione dei ruoli, nella ripartizione dei compiti e delle responsabilità da prendersi durante la gara e, soprattutto – in tempi in cui le fabbriche ed i sindacati nel nostro paese concludono accordi in deroga ai diritti garantiti dalla Costituzione - quello della dignità individuale, visto che la divisione dei compiti e la subordinazione dell’importanza del singolo rispetto al collettivo non ci ha impedito di ammirare individualità di alto livello come Sneijder, Stekelenburg, Xavi, Villa, Iniesta, Forlan, Suarez, Schweinsteiger, Muller, Ozil e Klose. Analizziamole nel dettaglio:

Spagna: finalmente uno slogan sessantottino fino a questo momento privo di senso, la fantasia al potere, ha avuto la sua diretta consacrazione nel gioco della Spagna di Del Bosque. Da sempre, infatti, sia nel calcio che nella vita si indicava la fantasia come un elemento strettamente individuale, tanto che, uno dei peggiori neologismi mai coniati legati al mondo del pallone era stato quello di identificare con un ruolo in campo, il fantasista appunto, un giocatore dalle particolari facoltà creative. Ma, come ci diceva Gianni Rodari nella sua “Grammatica della Fantasia”, la base per creare storie fantasiose è il binomio fantastico, ossia “La parola singola (gettata li a caso, con la sua forza evocativa di immagini, ricordi, fantasie, personaggi, avvenimenti del passato, …) agisce solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe ad uscire dai binari dell'abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significato ... Una storia può nascere solo da un binomio fantastico." Come una storia può nascere solamente da un binomio fantastico, il gioco della Spagna nasce dall’unione di innumerevoli binomi fantastici: i perfetti passaggi di Xavi non avrebbero senso senza i movimenti senza palla di Villa, le incursioni di Iniesta sarebbero fine a se stesse se non imbeccate dalle geometrie di Xabi Alonso e le scorribande di Sergio Ramos sulla fascia non avrebbero senso senza le adeguate coperture di Busquets. Anche le disattenzioni di Piquè acquistano senso, se poi Casillas riesce a miracoleggiare in porta. I binomi fantastici della Spagna, orchestrati dal Del Bosque sono stati quindi capaci di racchiudere in un sol colpo ciò che i vecchi adagi calcistici trattavano come un ossimoro, ossia una squadra che gioca bene, vince ed è addirittura impermeabile in difesa, visto che, nelle prime 5 partite del mondiale ha subito un solo goal.

Olanda: il lavoro nobilita l’uomo, ossia come attraverso l’applicazione al lavoro si possano far brillare individualità di primissimo ordine. La squadra di Van Marwijk è molto organizzata e rimane, pur non esprimendo un gioco spumeggiante, quasi sempre in controllo del gioco e della partita. All’interno di questo meccanismo, tutti effettuano la loro parte (tranne forse la punta Van Persie, spesso un po’ avulso dal gioco), con compiti semplici (le trame di gioco sono lineari, a volte ripetitive, ma efficaci, come ad esempio, il servire sempre Robben sui piedi molto largo per favorirgli l’uno contro uno, o il gioco di sponda Sneijder – Van Bommel per il lancio sulla corsa del dinamico Kuyt), tanto che il gioco dell’Olanda fa venire in mente le certificazioni Iso 9002, quelle che ottengono le aziende con servizi di prim’ordine e sistemi di produzione sicuri e garantiti. All’interno di questo collettivo, poi, grazie anche alle semplicità delle giocate che tentano di massimizzare le diverse qualità dei giocatori, si esaltano anche le qualità dei singoli. Wesley Sneijder non ha la tecnica di Messi, o i mezzi fisici di Ronaldo, ma grazie alla perfetta applicazione del suo ruolo in campo, prima nell’Inter e ora nell’Olanda, di centrocampista offensivo (non fantasista, per carità) è diventato ormai il più serio candidato al pallone d’oro. Un altro sbolognato dal Real Madrid, perché considerato troppo galactico, Arjen Robben, grazie alla posizione in campo trovata prima da Van Gaal al Bayern e poi da Van Marwijk in nazionale, come esterno destro sta rendendo come non mai nella sua carriera. Dirk Kuyt e Mark Van Bommel garantiscono una qualità costante sull’out di sinistra ed in cabina di regia, mentre l’altro centrale di centrocampo De Jong sembra non effettuare mai la giocata sbagliata. In questo contesto di squadra organizzata, anche ruvidi giocatori come Ojier e stagionati mestieranti come Van Bronkhorst danno perfettamente il loro contributo. L’elevata qualità del collettivo, come detto, esalta anche i singoli ed anche il portiere Stekelenburg sta effettuando probabilmente alcune tra le sue migliori prestazioni in carriera.

Germania: lavorare meno, lavorare tutti. Lo sfortunato slogan della sinistra europea (non mi sembra di averne mai visto la realizzazione) trova piena attuazione nella splendida qualità del gioco tedesco, fatto di veloci ripartenze, di buona organizzazione difensiva, di altissima qualità delle giocate in attacco e di propensione collettiva alla fase di non possesso palla. La squadra di Loew, infatti, gioca un calcio con un sistema di gioco molto simile a quello utilizzato dal Brasile e dall’Argentina ma, al contrario delle big sudamericane, il lavoro (inteso come abnegazione alla fase difensiva) è ripartito uniformemente in tutti i calciatori, non solo nei “faticatori scelti” del centrocampo, ossia Mascherano nell’Argentina e Felipe Melo e Gilberto Silva nel Brasile. Nella Germania, il contributo offensivo dei talentuosi Muller, Podolski e Ozil è importante tanto quanto la loro propensione al sacrificio in fase difensiva, che, oltre che aiutare difesa e centrocampo, permette ai due mediani Khedira e Schweinsteiger di mantenere le forze per proporsi con qualità anche nelle giocate offensive. In questa maniera, il carico di lavoro è quasi uniformemente distribuito su tutti i calciatori in fase offensiva e difensiva, garantendo una “piena occupazione” delle giocate di qualità da parte della squadra di Joachim Low.

Allenatori e cultura del lavoro
Se analizziamo il curriculum dei quattro allenatori arrivati in semifinale al mondiale, completamente diversi fra di loro per background calcistico e filosofia di gioco, troviamo un solo tratto comune: il percorso di carriera. Tabarez, Del Bosque, Van Marwijik e Loew hanno infatti inziato tutti come allenatori di squadre giovanili e hanno effettuato tutti un percorso di crescita comune che li ha portati ad essere, poi, assistenti di prima squadra, allenatori di squadre di club e, alla fine del percorso, allenatori delle nazionali. Il successo di allenatori “veri”, che hanno costruito la loro carriera con il lavoro sul campo e con le qualificazioni tecniche a livello federale è sicuramente un ottimo riconoscimento per la categoria degli allenatori, visto che altre squadre del mondiale, che si erano affidate a commissari tecnici praticamente alla prima esperienza in panchina, hanno fatto molta meno strada, pur essendo state accreditate del ruolo di favorite.
Il messaggio che sembra lasciarci questo mondiale è quindi che investire su se stessi, in termine di cultura e competenza sembra poter pagare piuttosto che cercare scorciatoie per il successo immediate. Facendo un forzato parallelismo potremmo paragonare Loew, Tabarez, Del Bosque e Van Marwijk a ricercatori universitari che arrivano faticosamente ad un importante premio accademico, mentre Dunga e Maradona si potrebbero accostare a famosi prezzemolo prodotti dai reality show, e, anche se le masse sembrano propendere per questi (si veda l’accoglienza in grande stile ricevuta dal Pibe de Oro al ritorno a casa dopo l’eliminazione) in un’analisi strettamente darwiniana, per la conservazione della nostra specie sembra maggiormente auspicabile che abbiano successo i primi piuttosto che i secondi.


Immigrazione reale batte Bossi-Fini

Si è dibattuto molto sulla germanicità dei componenti la squadra tedesca. Undici giocatori sono naturalizzati! Quasi la metà di loro non sono veri tedeschi! Sono state le frasi di cui si è maggiormente abusato nel corso delle ultime settimane. Non è vero! I naturalizzati presenti nella nazionale tedesca sono…..uno solo. Il brasiliano Cacau, è infatti l’unico giocatore veramente non tedesco a disposizione della squadra di Low, visto che da brasiliano è arrivato anni fa in Germania per giocare a calcio e lì si è stabilito, prendendo poi anche il passaporto. Tutti gli altri sono ragazzi tedeschi al 100%, frutto di un processo di immigrazione ormai consolidato che ha permesso al paese e alla sua economia di riuscire ad essere uno dei paesi guida dell’Europa dagli anni’60 in poi.
Klose e Podolski, nati in Polonia, sono cresciuti in Germania fin da bambini; Boateng è figlio di un matrimonio misto tedesco-ghanese, come Khedira lo è di un’unione tedesco.-tunisina, Ozil rappresenta alla grande i milioni di turchi che hanno trovato in Germania la loro casa e, soprattutto, il lavoro. Questi calciatori, protagonisti della Germania migliore degli ultimi anni (dal punto di vista calcistico) sono il frutto di un’apertura all’esterno del paese tedesco (che ha cambiato la legge sulla cittadinanza nel 2000, rendendola molto accessibile ai figli degli immigrati) e alla qualità della scuola calcio teutonica, visto che questi ragazzi hanno tutti imparato a giocare in Germania. Le polemiche sulla non autenticità della Germania lasciano quindi il tempo che trovano. Molto peggio è andato alle squadre con “veri naturalizzati”, ossia gli immigrati di alto livello, come nella realtà se ne vedono ben pochi, in pieno accordo con la filosofia della legge Bossi-Fini. La nostra squadra, ad esempio aveva Camoranesi, giocatore argentino formato in Argentina, arrivato in Italia solo per giocare a calcio e “convertitosi” alla causa della nazionale italiana solo perché mai considerato dalla federazione argentina, mentre un esempio della nascente multicultarilità del nostro paese, Balotelli, è stato lasciato a casa, perdendo la possibilità sia di creare un utile veicolo comunicativo antirazzista nel nostro paese sia di fornire un apporto decisamente migliore di quello di Camoranesi, apparso clamorosamente fuori condizione. Anche tutte le altre squadra imbottite di naturalizzati alla “Bossi-Fini”, come ad esempio il Portogallo, hanno fatto un mondiale decisamente sottotono, ribadendo il concetto che l’immigrazione è una risorsa per ogni paese e limitarla alle sole élites (acquisto dei cervelli o dei “piedi buoni” dall’estero) può non dare i frutti sperati.

Il presente è dei giovani

Germania, Spagna ed Uruguay hanno tutte un’età media sotto i 27 anni, e sono tra le squadre più giovani del mondiale. Nei tedeschi, il giocatore più esperto a livello internazionale è addirittura il 26enne Schweinsteiger, un veterano, in confronto ai poco più che ventenni Muller Ozil, Kroos e Khedira. Tre delle quattro squadre con la media età più alta di questo mondiale erano l’Italia (strano parallelismo con la gerontofilia delle nostre poltrone decisionali, sia economiche che politiche) che, da campione del mondo, è uscita miseramente al primo turno senza effettuare alcuna vittoria, l’Inghilterra ed il Brasile, anch’esse uscite senza gloria molto prima di quanto ci si potesse aspettare. Il messaggio che sembra darci il mondiale è quindi smettiamo di “investire sui giovani” ma bensì lasciamo spazio ai giovani, alle nuove generazioni. Anche qui, comunque c’è un distinguo da fare sulla qualità: largo ai giovani sì, ma che siano all’altezza. Fra le squadre più “verdi” del mondiale vi erano infatti Corea del Nord e Camerun, che sono uscite mestamente con tre sconfitte in tre partite. Comunque, il mondiale ci dice che nei giovani c’è qualità, basta solo cercarla!


versus

Avevamo appena finito di postare la limpida analisi di Versus sul calcio mondiale - metafora della politica internazionale? - quando ci arriva questa storiaccia di calcio vernacolare e imprenditoria plebea che ci ricaccia nei gironi nazionali, danteschi ovviamente. Ce la manda Ri-Versus, con questo commento:

L’onore del Prizio
Grazie al presente documento (allegato) veniamo a sapere di un mutamento di paradigma epocale nella categorizzazione dei rapporti di causa e di effetto in relazione a risultati sportivi. Se la Fiorentina ha perso a causa dell’articolo di Prizio, dovrebbe presumersi prossima analoga istanza a firma Abete, Lippi e sponsor interessati contro la stragrande maggioranza dei giornalisti italiani – sempre che frequentatori di bar e altri incauti categorizzatori riescano a rimanere anonimi.



TRIBUNALE CIVILE DI FIRENZE
Atto di citazione

I sigg. Diego Della Valle, CF……, e Andrea Della Valle, CF…., residenti …. e domiciliati presso lo studio dell’Avv. Alessandro Giannetti, CF…, che li rappresenta e difende per delega in calce al presente atto unitamente all’Avv. Maurizio Boscarato di Ancona, CF…. espongono e chiedono quanto espresso.
I fratelli Diego e Andrea sono fra i più importanti, conosciuti e stimati imprenditori italiani, esponenti di primo piano del made in Italy, presidente il primo e il secondo (nonché, insieme, azionisti di maggioranza) della Tod’s S.p.A., società quotata sul Mercato Telematico Azionario Italiano, leader nel mondo del lusso con i famosi marchi Tod’s, Hogan, Fay e Roger Vivier, a capo di un Gruppo che dà lavoro a molte migliaia di persone.
Sono, altresì, molto noti negli ambienti finanziari nazionali ed internazionali, possedendo partecipazioni significative in Marcolin, Bialetti, Piaggio, Safilo, Saks, Mediobanca, Rcs Mediagroup; Diego Della Valle è consigliere di amministrazione di Assicurazioni Generali, RCS Mediagroup, Ferrari, Louis Vuitton Moet Hennessy, Compagnia Immobiliare Azionaria, membro del comitato esecutivo di Confindustria, presente nei patti del sindacato di Mediobanca, RCS Mediagroup, Assicurazioni Generali.
Gli istanti sono altresì proprietari, attraverso Diego Della Valle & C. S.A.P.A., dell’intero capitale sociale della ACF Fiorentina S.p.A., società che opera nel settore sportivo di calcio professionistico, partecipando alle competizioni calcistiche nazionali ed internazionali.
In tale ultima veste gli istanti, nel settembre 2008, hanno presentato alla stampa e alla città di Firenze una ipotesi di progetto denominata “Cittadella Viola”, da conseguire ad opera di una Fondazione appositamente costituita, e che prevede la realizzazione di un nuovo Stadio in grado di ospitare al coperto dai 40.000 ai 45.000 spettatori: una struttura moderna e accogliente, collegata alle arterie cittadine e dotata di ampie aree di parcheggio.
Accanto allo Stadio il progetto prevede, nell’ottica di potenziare la società calcistica e conseguire i massimi obiettivi sportivi, la realizzazione di un’area tecnica in grado di assicurare ai calciatori della Fiorentina gli standards lavorativi più all’avanguardia, e lo svolgimento di molteplici attività in grado di generare i proventi necessari per finanziare adeguatamente la squadra di calcio e, nel contempo, creare occupazione ed apportare benefici alla città: un albergo, un cinema, un ipermercato, una promenade con negozi e botteghe artigiane, grandi aree verdi per trascorrere giornate all’aria aperta, un Parco tematico ispirato ai moderni parchi di divertimento (una sorta di Eurodisney del calcio), ed infine un museo di Arte Moderna (novità assoluta nell’offerta culturale della città).
Un progetto che ha suscitato unanime entusiasmo e condivisione, ed è stato accolto in primis dall’amministrazione comunale fiorentina, che ha manifestato la massima disponibilità ad appoggiare il complesso e non breve iter previsto per la sua realizzazione.
Tornando alla ACF Fiorentina, i risultati sportivi conseguiti nell’esercizio 2009 hanno visto la prima squadra raggiungere la quarta posizione nella classifica finale del Campionato Italiano di serie A 2008/2009, con conseguente ammissione alla Champions League 2009/2010, ove essa ha poi disputato con successo la Fase a Gironi, e quindi gli Ottavi di Finale contro il Bayern Monaco, risultando eliminata da questa squadra (che ha successivamente raggiunto la Finale, perdendola con l’Inter) grazie al maggior numero di reti segnate in trasferta (e grazie ad una clamorosa svista arbitrale nella partita di andata a Monaco).
Nel campionato di Serie A 2009/2010 da poco conclusosi, i risultati sportivi sono stati inferiori rispetto a quelli dell’esercizio precedente, ed a fine marzo 2010, benché la Fiorentina apparisse ancora in grado di conseguire una posizione finale utile per accedere alle competizioni Europee, una modesta parte della tifoseria, istigata e fuorviata da una precisa strategia mediatica, ha sollevato contestazioni e polemiche con particolare riferimento a presunte (ed inesistenti) divergenze fra la proprietà e l’allenatore Cesare Prandelli.
Fiorentina.it è un sito web autonominatosi “Il sito dei tifosi viola”, molto seguito e accreditato dai tifosi di Firenze; i suoi redattori pubblicano quotidianamente brevi articoli, commenti e interviste dedicati tutti alla Fiorentina, alla sua vita sociale, ai suoi risultati, alle sue prospettive e aspettative, ai suoi calciatori, amministratori e managers; un sito al quale accedono ogni giorno decine di migliaia di tifosi, molti dei quali inviano i propri commenti sui vari temi trattati.
In data 27.03.2010 è apparso sull’anzidetto sito fiorentina.it un incredibile articolo a firma Stefano Prizio, contenente espressioni offensive, diffamatorie e gravemente pregiudizievoli ai danni degli attori e della ACF Fiorentina; ci riferiamo in particolare, in particolare, alle affermazioni secondo cui:
un assessore del Comune di Firenze sarebbe “saltato” per non aver concesso “ad un’azienda privata” (e cioè alla ACF Fiorentina S.p.A.) “condizioni economiche dettata dalla stessa azienda privata”;
Il “progetto” Cittadella Viola dei fratelli Della Valle, unitamente considerato indispensabile per dare alla Fiorentina un futuro da protagonista nel mondo del calcio e dotare Firenze di una grande e moderna struttura sportiva di avanguardie, sarebbe “da arrotolare ed usare come vibratore contro natura”;
Il progetto stesso sarebbe frutto dell’intento meramente speculativo dei fratelli Della Valle, e costituirebbe “scusa per costruire centri commerciali” ed aprire “boutiques”;
Per la Fiorentina S.p.A. ed i fratelli Della Valle, le parole non avrebbero “un valore”, ma servirebbero solo “a dare una forma fonica al fiato emesso”.

Il signor Prizio è liberissimo di non condividere il progetto Cittadella Viola, ma le sue anzidette volgari espressioni, gravemente ingiuriose e diffamatorie, trascendono abbondantemente il diritto di critica spettantegli, e costituiscono pesante violazione del principio di continenza (Cass. 7.12.2005 n. 26999); appaiono intenzionalmente volte a delegittimare e denigrare l’operato degli odierni attori (i quali, com’è ben noto, nel 2002 raccolsero cocci della vecchia Fiorentina, dichiarata fallita da questo tribunale, e crearono dal nulla davanti al Notaio una nuova squadra di calcio, iscrivendola alla Serie C2 e riconducendola in pochi anni sulla ribalta nazionale ed internazionale: mai in precedenza la Fiorentina aveva avuto accesso agli ottavi di finale di Champions League). L’iniziativa del sig. Prizio ha prodotto enorme scalpore e sconcerto nell’intero ambiente calcistico fiorentino, destando tensioni fra la proprietà ed i vertici societari, preoccupazione fra i calciatori, irritazione e sospetti tra i tifosi; forse non a caso quello del 28.3.2010 (Fiorentina/Udinese 4 a 1) fu l’ultimo successo della squadra gigliata in Campionato: da allora, tre pareggi e quattro sconfitte, tanto che al termine della stagione la Fiorentina è risultata appena undicesima, con solo 47 punti.
Di fatto, le gratuite offese del signor Prizio hanno contribuito in modo determinante a mettera a soqquadro l’ambiente calcistico locale, incrinando l’unità fra la proprietà, la squadra e l’allenatore, con evidente strategia di minare la fiducia del popolo viola verso la famiglia Della Valle.
Con la presente azione, Diego ed Andrea Della Valle intendono perseguire il descritto illecito comportamento del sig. Prizio, ed ottenere il risarcimento del danno subitone.
Trattasi, nella fattispecie, di danno non patrimoniale: danno all’immagine, di particolare gravità in relazione da un canto al prestigio degli attori ed all’importante ruolo che essi ricoprono nel mondo delle imprese, e dell’altro alle ripercussioni negative delle gratuite accuse del Prizio sulla credibilità degli attori medesimi, sulla stima sulla fiducia dei tifosi fiorentini verso di loro; danno morale soggettivo, costituito (Cass. 24.4.2007 n° 9861) dal turbamento dell’animo transuente e dalla soffernza contingente provati dagli attori in conseguenza delle frasi ingiuriose e delle ridette false accuse loro rivolte dal convenuto.
Danni liquidabili entrambi in via equitativa, ed il cui ammontare si propone in complessivi Euro 500.000,00, così suddivisi: Diego Della Valle, danno all’immagine Euro 200.000,00, danno morale Euro 50.000,00; Andrea Della Valle, danno alla immagine Euro 200.000,00, danno morale Euro 50.000,00; il tutto, salva ogni diversa, anche maggiore quantificazione ad opera del Tribunale. Dichiarano al riguardo gli attori che, una volta conseguito il pagamento a parte del convenuto delle somme che il Tribunale vorrà liquidare, ne devolveranno in beneficenza l’intero ammontare.
Ciò premesso,

CITANO
Il signor Prizio Stefano, nato a … residente in… C.F a comparire dinnanzi al Tribunale Civile di Firenze, alla pubblica udienza che sarà tenuta il giorno 26 novembre 2010 ore di rito, negli appositi locali del Palazzo di Giustizia, invitandolo a costituirsi in giudizio nel termine di giorni 20 prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 c.p.c., e a comparire nell’udienza stessa dinanzi al Giudice che sarà designato ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. per ivi in sua presenza o dichiarata contumacia, sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia al Tribunale, contrariis reiectis, accertare la natura di illecito penale nei passi dell’articolo apparso su fiorentina.it il 29.03.2010 e descritti nella narrativa del presente atto di citazione, e per effetto condannare il signor Stefano Prizio al risarcimento in favore dei sigg. Diego e Andrea Della Valle del danno per le causali e nella misura indicata nella narrativa che precede, o in quella diversa (anche maggiore) somma che sarà ritenuta di giustizia in via equitativa ex aet. 1226 c.c., oltre alla pubblicazione della sentenza a sue spese ex art. 120 c.p.c. ed oltre alla sanzione accessoria ex art. 12 L. 47/48, da liquidarsi secondo giustizia ed equità.
In via subordinata, qualora il Tribunale non dovesse ravvisare in alcuno dei passi medesimi gli estremi di reato, accertare la loro natura di illecito civile ex art. 2043 c.c., e per l’effetto condannare il signor Stefano Prizio al risarcimento in favore dei sigg. Diego e Andrea Della Valle del danno per le causali e nella misura indicata nella narrativa che precede, o in quella diversa (anche maggiore) somma che sarà ritenuta di giustizia in via equitativa ex art. 1226 c.c., oltre alla pubblicazione della sentenza a sue spese ex art. 120 c.p.c.
In ogni caso, con interessi e rivalutazione monetaria delle somme che verranno liquidate, spese ed onorai rifusi.
Si producono:
articolo a firma Stefano Prizio su fiorentina.it del 27.3.2010
comunicazione dell’editore di fiorentina.it del 29.3.2010
n° 4 tavole del progetto Cittadella Viola;
risultati sportivi ACF Fiorentina 28.3-16.5.2010 Serie A
Salvis juribus
Ai fini del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari si dichiara che il valore della presente causa è di € 500.000,00.
Firenze, 16 giugno 2010

Avv. Maurizio Boscarato

Avv. Alessandro Giannetti

domenica 17 gennaio 2010

Cartolina dall’inferno degli immigrati “clandestini” espulsi da Rosarno

Cari cittadini normali e italiani,
dei fatti di Rosarno vi hanno detto tutto quello che dovete pensare giornalisti, politici ed ecclesiastici. Mancano i nostri racconti. Nessuno ha fatto in tempo ad intervistarci o ha avuto voglia di sentire le nostre ragioni. Nulla di male. Non ne abbiamo, infatti. E perciò vi scriviamo solo per scusarci. Vi scriviamo dall’inferno, dove ci hanno accompagnati i vostri bravi carabinieri su ordine dell’equanime ministro Maroni.
Ecco, qui siamo finalmente in compagnia dei nostri simili: streghe ed eretici, bruciati dalla Chiesa cattolica, prima che Papa Wojtyla si pentisse; indios passati a fil di spada dai conquistadores; ebrei arrivati qui a milioni passando dai forni crematorii; anarchici e comunisti rieducati dai gulag di Stalin; delinquenti e delinquentesse d’ogni forma e d’ogni età; dannati della terra giunti a bizeffe dai vari angoli del pianeta.
Avete avuto ragione a spedirci qui. L’inferno è il posto che meritiamo per aver osato venire in Italia da clandestini: disturbandovi, impaurendovi, complicando la vostra vita già complicata. Certo, saremmo rimasti volentieri nei nostri paesi. Ma abbiamo avuto fifa. E pure impazienza. Non abbiamo avuto il fegato di restare eroicamente in mezzo a guerre e persecuzioni, aspettando che i vostri soldati, assieme agli alleati della Coalizione USA, portassero a compimento la guerra umanitaria e ci regalassero la democrazia. È vero che spesso eravamo ridotti alla fame. Però abbiamo sbagliato lo stesso a venire. S’era sparsa la falsa voce che in Italia si stava meglio, che c’erano dei lavori anche per noi. Almeno quelli più pesanti e dequalificati, che i vostri figli non vogliono più fare. Non perché viziati o fannulloni, per carità. Ma per non rovinarsi la salute e godersi di più la vita. Giustamente.
No, non siamo stati giudiziosi. Non abbiamo riflettuto sul fatto che, se si tenta di far salire dieci persone su una cinquecento, come ha detto un vostro illustre professore, non può non finire a scazzottate. E poi tra noi troppi ne hanno anche approfittato. Non sono venuti in Italia per necessità superiori o per lavorare. Ma per un colpo di testa, per spirito d’avventura, persino per delinquere, credendo che in Italia fosse più facile che altrove. E le hanno provate tutte per venirci: chi sui gommoni, chi facendosi passare per turista, chi stipato nei camion. Così, per fare delle vacanze avventurose. Hanno pagato pure delle belle mance, si sa. Ma l’avventura attirava. È stata una grande ubriacatura. O Italia o morte! – gridavamo. E avevamo imparato anche Fratelli d’Italia…
Ora, all’inferno, stiamo rinsavendo. E ringraziamo tutti voi italiani, ma soprattutto Maroni e quelli della Lega. Ci hanno fatto capire - prima con le buone; poi, visto che eravamo duri di comprendonio, in maniere spicce e incisive - quanto ci siamo illusi. E a Rosarno sprangate e pallettoni hanno parlato chiaro. Proprio come Maroni.
A Rosarno l’abbiamo fatta proprio grossa. Invece di essere riconoscenti per quello che ci avevano offerto, appena qualche testa calda locale (ce n’è sempre una in mezzo alla brava gente italiana; e anche a Rosarno) ci ha sparato addosso (esagerando ovviamente; ma è che noi gli facevamo paura ed ha perso la testa), noi, invece di darcela a gambe levate, ci siamo addirittura rivoltati in modi incivili e illegali, lasciandoci (veramente non ce ne siamo accorti) manovrare anche dalla ‘ndrangheta. «Una classica rivolta contadina», ha scritto con un pizzico di sufficienza un vostro intellettuale di sinistra.
Purtroppo noi clandestini non abbiamo imparato ancora l’autocontrollo mostrato da certi vostri leader politici e morali. Ci siamo ritrovati nel cuore tanta rabbia e disperazione, accumulata senza alcun motivo, chissà come, giorno dopo giorno, qui in Italia. E non abbiamo saputo gestirla, come fanno quelli del partito dell’amore o quelli che predicano la pace.
Abbiamo fatto una cazzata madornale, grossa come un baobab. Voi italiani non ve la meritavate. E pensare che molti di voi, pur di farci rimanere in Italia e di accoglierci, avevano anche generosamente chiuso tutti e due gli occhi di fronte alle nostre baracche, ai nostri giacigli posizionati tra le macerie delle discariche o delle fabbriche dismesse.
Noi stupidi non ce n’eravamo accorti che di straforo li guardavate ammirati. Facevano tanto arte povera. E noi invece a dire: Che indifferenti, 'sti 'taliani! Lo capiamo adesso che ci volevate anche bene. Era un modo silenzioso di aiutarci, di farci restare in mezzo a voi, d’invitarci a resistere, resistere, resistere. Bastava che avessimo avuto l’accortezza di restare per sempre fantasmi, di diventare da invisibili, ombre senza nome, sguscianti veloci come ratti da un ghetto a un altro. Mai saremmo arrivati all’espulsione.
E pensare che persino i leghisti, pur continuando a sbraitarci contro, si erano dimostrati in fondo generosi: al Nord a parecchi di noi hanno spalancato le porte del lavoro nero nelle loro fabbrichette. Per non parlare della tradizionale ospitalità del Sud d’Italia: qui, e non solo a Rosarno, ma in moltissime campagne, i nobili discendenti dei baroni meridionali ci hanno impiegato nelle stagionali raccolte di pomodori, mandarini, arance. È vero che i loro caporali ci hanno spremuto dall’alba al tramonto in cambio di pochi euro, ma non erano più fastidiosi delle zecche. Avremmo potuto benissimo sopportarli ancora. Anche se a volte hanno un po’ esagerato, scambiandoci per bestie. E si sono sbagliati. Ma tutti sbagliano in certe situazioni. Insomma, se ci fossimo decisi ad essere dei bravi schiavi, se non avessimo sgarrato, le cose non sarebbero finite male. L’abbiamo capito troppo tardi.
Non avevamo scuse. Ha avuto ragione Maroni. Abbiamo esagerato. E per rappacificare gli animi ci ha dovuto per forza espellere. E quelli di Rosarno hanno dovuto fare pure una manifestazione per dimostrare al mondo che non ci hanno trattato da razzisti. Se la potevano risparmiare. Il problema in Italia non esiste. In Italia, sempre come dice Maroni, devono restare al massimo degli immigrati bonificati, cioè brava gente come gli italiani.
Purtroppo in mezzo a noi clandestini c’è una percentuale di delinquenti troppo alta. Prostitute, rapinatori, ladri, spacciatori di droga – se di origine albanese, marocchina, africana, latinoamericana – svelano poi una cattiveria e una pericolosità particolari, che non si trovano più e da tempo tra voi italiani.
Qui, all’inferno, che rende tutti più sinceri, lo riconosciamo apertamente. I vostri ricchi sono davvero più onesti ed altruisti dei ricchi dei nostri paesi di provenienza o di altri paesi. I vostri lavoratori sono davvero più laboriosi ed educati che altrove. E poi hanno messo la testa a posto. Erano per noi un modello da cui imparare. Infatti, malgrado chiusure di fabbriche, licenziamenti e lavori precari, non se la prendono più con i padroni, come facevano una volta, ma – giustamente – con noi. Noi, purtroppo, anche quando non gli togliamo il lavoro, abbiamo portato in Italia una cattiveria che fa paura e che non s’era mai vista prima, neppure ai tempi del vostro fascismo. Mentre basta vedere i vostri disoccupati e i vostri poveri: sanno portare a spasso i loro nobili volti di disoccupati e di poveri con una dignità che fa invidia.
A dirvela tutta, noi clandestini abbiamo anche approfittato dell’accoglienza di certi italiani deboli. Invano gli italiani forti, quelli coi coglioni, li hanno accusati di essere mollaccioni, buonisti, anime belle piene di sensi di colpa. Questi preti e questi nostalgici del comunismo o del ’68 hanno coperto la nostra clandestinità. Sono diventati nostri complici. Perché si erano innamorati di noi: gli ultimi, i “ nuovi poveri”, i “ nuovi proletari”.
Malgrado l’espulsione, tuttavia, noi vi ammireremo sempre. Anche dall’inferno. Voi siete dei veri giusti. Dovrebbero darvi la medaglia dei migliori respingitori del Mediterraneo. Voi sapete bene quando e chi punire. E meritate un’Italia fatta solo da gente onesta, dalle mani pulite, come quella che vi governa. Ed espellendoci, vi avvicinerete presto a tale agognato traguardo. Liberati dalla nostra zavorra e malgrado milioni di disoccupati (tutti italiani, pero!) e una certa povertà (fisiologica in tutti i paesi ricchi), Berlusconi, Fini, Bossi e persino D’Alema - i veri nuovi salvatori della patria dalle nostre barbariche invasioni - potranno stringersi finalmente e lealmente la mano. Aspettiamo presto all’inferno solo i preti della Caritas e i nostalgici del comunismo. Allora sì, la vostra Italia sarà tutta normale.
Grazie di tutto. Saluti e caldi baci dall’inferno.

Ennio Abate 12 gen 2010