domenica 17 gennaio 2010

Cartolina dall’inferno degli immigrati “clandestini” espulsi da Rosarno

Cari cittadini normali e italiani,
dei fatti di Rosarno vi hanno detto tutto quello che dovete pensare giornalisti, politici ed ecclesiastici. Mancano i nostri racconti. Nessuno ha fatto in tempo ad intervistarci o ha avuto voglia di sentire le nostre ragioni. Nulla di male. Non ne abbiamo, infatti. E perciò vi scriviamo solo per scusarci. Vi scriviamo dall’inferno, dove ci hanno accompagnati i vostri bravi carabinieri su ordine dell’equanime ministro Maroni.
Ecco, qui siamo finalmente in compagnia dei nostri simili: streghe ed eretici, bruciati dalla Chiesa cattolica, prima che Papa Wojtyla si pentisse; indios passati a fil di spada dai conquistadores; ebrei arrivati qui a milioni passando dai forni crematorii; anarchici e comunisti rieducati dai gulag di Stalin; delinquenti e delinquentesse d’ogni forma e d’ogni età; dannati della terra giunti a bizeffe dai vari angoli del pianeta.
Avete avuto ragione a spedirci qui. L’inferno è il posto che meritiamo per aver osato venire in Italia da clandestini: disturbandovi, impaurendovi, complicando la vostra vita già complicata. Certo, saremmo rimasti volentieri nei nostri paesi. Ma abbiamo avuto fifa. E pure impazienza. Non abbiamo avuto il fegato di restare eroicamente in mezzo a guerre e persecuzioni, aspettando che i vostri soldati, assieme agli alleati della Coalizione USA, portassero a compimento la guerra umanitaria e ci regalassero la democrazia. È vero che spesso eravamo ridotti alla fame. Però abbiamo sbagliato lo stesso a venire. S’era sparsa la falsa voce che in Italia si stava meglio, che c’erano dei lavori anche per noi. Almeno quelli più pesanti e dequalificati, che i vostri figli non vogliono più fare. Non perché viziati o fannulloni, per carità. Ma per non rovinarsi la salute e godersi di più la vita. Giustamente.
No, non siamo stati giudiziosi. Non abbiamo riflettuto sul fatto che, se si tenta di far salire dieci persone su una cinquecento, come ha detto un vostro illustre professore, non può non finire a scazzottate. E poi tra noi troppi ne hanno anche approfittato. Non sono venuti in Italia per necessità superiori o per lavorare. Ma per un colpo di testa, per spirito d’avventura, persino per delinquere, credendo che in Italia fosse più facile che altrove. E le hanno provate tutte per venirci: chi sui gommoni, chi facendosi passare per turista, chi stipato nei camion. Così, per fare delle vacanze avventurose. Hanno pagato pure delle belle mance, si sa. Ma l’avventura attirava. È stata una grande ubriacatura. O Italia o morte! – gridavamo. E avevamo imparato anche Fratelli d’Italia…
Ora, all’inferno, stiamo rinsavendo. E ringraziamo tutti voi italiani, ma soprattutto Maroni e quelli della Lega. Ci hanno fatto capire - prima con le buone; poi, visto che eravamo duri di comprendonio, in maniere spicce e incisive - quanto ci siamo illusi. E a Rosarno sprangate e pallettoni hanno parlato chiaro. Proprio come Maroni.
A Rosarno l’abbiamo fatta proprio grossa. Invece di essere riconoscenti per quello che ci avevano offerto, appena qualche testa calda locale (ce n’è sempre una in mezzo alla brava gente italiana; e anche a Rosarno) ci ha sparato addosso (esagerando ovviamente; ma è che noi gli facevamo paura ed ha perso la testa), noi, invece di darcela a gambe levate, ci siamo addirittura rivoltati in modi incivili e illegali, lasciandoci (veramente non ce ne siamo accorti) manovrare anche dalla ‘ndrangheta. «Una classica rivolta contadina», ha scritto con un pizzico di sufficienza un vostro intellettuale di sinistra.
Purtroppo noi clandestini non abbiamo imparato ancora l’autocontrollo mostrato da certi vostri leader politici e morali. Ci siamo ritrovati nel cuore tanta rabbia e disperazione, accumulata senza alcun motivo, chissà come, giorno dopo giorno, qui in Italia. E non abbiamo saputo gestirla, come fanno quelli del partito dell’amore o quelli che predicano la pace.
Abbiamo fatto una cazzata madornale, grossa come un baobab. Voi italiani non ve la meritavate. E pensare che molti di voi, pur di farci rimanere in Italia e di accoglierci, avevano anche generosamente chiuso tutti e due gli occhi di fronte alle nostre baracche, ai nostri giacigli posizionati tra le macerie delle discariche o delle fabbriche dismesse.
Noi stupidi non ce n’eravamo accorti che di straforo li guardavate ammirati. Facevano tanto arte povera. E noi invece a dire: Che indifferenti, 'sti 'taliani! Lo capiamo adesso che ci volevate anche bene. Era un modo silenzioso di aiutarci, di farci restare in mezzo a voi, d’invitarci a resistere, resistere, resistere. Bastava che avessimo avuto l’accortezza di restare per sempre fantasmi, di diventare da invisibili, ombre senza nome, sguscianti veloci come ratti da un ghetto a un altro. Mai saremmo arrivati all’espulsione.
E pensare che persino i leghisti, pur continuando a sbraitarci contro, si erano dimostrati in fondo generosi: al Nord a parecchi di noi hanno spalancato le porte del lavoro nero nelle loro fabbrichette. Per non parlare della tradizionale ospitalità del Sud d’Italia: qui, e non solo a Rosarno, ma in moltissime campagne, i nobili discendenti dei baroni meridionali ci hanno impiegato nelle stagionali raccolte di pomodori, mandarini, arance. È vero che i loro caporali ci hanno spremuto dall’alba al tramonto in cambio di pochi euro, ma non erano più fastidiosi delle zecche. Avremmo potuto benissimo sopportarli ancora. Anche se a volte hanno un po’ esagerato, scambiandoci per bestie. E si sono sbagliati. Ma tutti sbagliano in certe situazioni. Insomma, se ci fossimo decisi ad essere dei bravi schiavi, se non avessimo sgarrato, le cose non sarebbero finite male. L’abbiamo capito troppo tardi.
Non avevamo scuse. Ha avuto ragione Maroni. Abbiamo esagerato. E per rappacificare gli animi ci ha dovuto per forza espellere. E quelli di Rosarno hanno dovuto fare pure una manifestazione per dimostrare al mondo che non ci hanno trattato da razzisti. Se la potevano risparmiare. Il problema in Italia non esiste. In Italia, sempre come dice Maroni, devono restare al massimo degli immigrati bonificati, cioè brava gente come gli italiani.
Purtroppo in mezzo a noi clandestini c’è una percentuale di delinquenti troppo alta. Prostitute, rapinatori, ladri, spacciatori di droga – se di origine albanese, marocchina, africana, latinoamericana – svelano poi una cattiveria e una pericolosità particolari, che non si trovano più e da tempo tra voi italiani.
Qui, all’inferno, che rende tutti più sinceri, lo riconosciamo apertamente. I vostri ricchi sono davvero più onesti ed altruisti dei ricchi dei nostri paesi di provenienza o di altri paesi. I vostri lavoratori sono davvero più laboriosi ed educati che altrove. E poi hanno messo la testa a posto. Erano per noi un modello da cui imparare. Infatti, malgrado chiusure di fabbriche, licenziamenti e lavori precari, non se la prendono più con i padroni, come facevano una volta, ma – giustamente – con noi. Noi, purtroppo, anche quando non gli togliamo il lavoro, abbiamo portato in Italia una cattiveria che fa paura e che non s’era mai vista prima, neppure ai tempi del vostro fascismo. Mentre basta vedere i vostri disoccupati e i vostri poveri: sanno portare a spasso i loro nobili volti di disoccupati e di poveri con una dignità che fa invidia.
A dirvela tutta, noi clandestini abbiamo anche approfittato dell’accoglienza di certi italiani deboli. Invano gli italiani forti, quelli coi coglioni, li hanno accusati di essere mollaccioni, buonisti, anime belle piene di sensi di colpa. Questi preti e questi nostalgici del comunismo o del ’68 hanno coperto la nostra clandestinità. Sono diventati nostri complici. Perché si erano innamorati di noi: gli ultimi, i “ nuovi poveri”, i “ nuovi proletari”.
Malgrado l’espulsione, tuttavia, noi vi ammireremo sempre. Anche dall’inferno. Voi siete dei veri giusti. Dovrebbero darvi la medaglia dei migliori respingitori del Mediterraneo. Voi sapete bene quando e chi punire. E meritate un’Italia fatta solo da gente onesta, dalle mani pulite, come quella che vi governa. Ed espellendoci, vi avvicinerete presto a tale agognato traguardo. Liberati dalla nostra zavorra e malgrado milioni di disoccupati (tutti italiani, pero!) e una certa povertà (fisiologica in tutti i paesi ricchi), Berlusconi, Fini, Bossi e persino D’Alema - i veri nuovi salvatori della patria dalle nostre barbariche invasioni - potranno stringersi finalmente e lealmente la mano. Aspettiamo presto all’inferno solo i preti della Caritas e i nostalgici del comunismo. Allora sì, la vostra Italia sarà tutta normale.
Grazie di tutto. Saluti e caldi baci dall’inferno.

Ennio Abate 12 gen 2010

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