giovedì 30 aprile 2009

Agostino Gemelli, "un uomo veramente nostro"

Felice Accame


Caro Presidente. Ti mando in via confidenziale una lettera dell'accademico Bottazzi. La nomina di padre Gemelli (nomina a membro dell'Accademia d'Italia, NdC) farebbe un'ottima impressione, inoltre premieremmo un uomo di valore e di cu io conosco troppo intimamente il pensiero politico. Sarebbe opportuno che la cosa avvenisse prestissimo, anche perché è quasi certo che nel prossimo Conclave egli sarà nominato cardinale (ma così non sarà. NdC). Con i tempi che corrono avere un uomo veramente nostro attorno al successore di San Pietro sarebbe cosa utile. Bisogna che tu faccia un atto di autorità presso Federzoni, il quale, più filo-giudaico che fascista, non ha eccessive simpatie per Gemelli. Dobbiamo, caro Presidente, valorizzare quegli uomini che in ogni momento ci possono servire. Ti aggiungo inoltre che in Germania mi hanno parlato di Gemelli con molta simpatia. Devoti e affettuosi saluti. Farinacci

Lettera di Roberto Farinacci a Benito Mussolini, datata 20 marzo 1935,
in A. Petacco, L'archivio segreto di Mussolini, Mondadori, Milano 1997, pagg. 82-83.


Nel 50° anniversario della morte di Agostino Gemelli (1878-1959), fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano, e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, l’Università Cattolica stessa dedica alla figura del noto francescano tutta una serie di iniziative Fra queste, l’85° Giornata Universitaria – con inaugurazione di una mostra e di una esposizione permanente –, un “incontro di spiritualità francescana”, un convegno “storico” intitolato “Nel cuore della realtà”, un concerto e la presentazione di un libro dedicato a Gemelli ed al suo laboratorio di psicologia.
Il giorno prima che l’università in questione si pagasse la sua bella pagina di pubblicità, il “Corriere della Sera” devolveva all’iniziativa una pagina intera nell’inserto milanese. In essa, fotografie e box testimoniavano avvalorando: Gemelli frate nel 1906, Gemelli cappellano militare nella prima guerra mondiale, Gemelli gioviale ed amichevole in giardini piacentini nel 1929, Gemelli, nel Laboratorio di Psicofisiologia Applicata presso il comando supremo delle Forze Armate, Gemelli aviatore e studioso dello stress del volo e, infine, Gemelli dandy – roba da far invidia più a Oscar Wilde che a San Francesco d’Assisi. La copiosa messe di santini coronava un articolo di Aldo Grasso – che guarda caso è docente all’Università Cattolica – il cui titolo strillava bicolore al centro della pagina reclamizzando “Il vero Gemelli”.

Ora, siccome a questa “straordinaria figura di uomo, scienziato, costruttore di opere al servizio della Chiesa e della società italiana” – come dice l’attuale rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi – e a questa “figura esemplare” da riproporre ai giovani – come dicono i curatori della mostra, Paolo Biscottini e Paolo Dalla Sega – l’articolo di Grasso intende restituire tutta la sua “verità”, e siccome l’articolo di Grasso, come peraltro l’intero contorno, soffre, per così dire, di alcune manchevolezze, ritengo opportuno provvedere a colmarle. Consapevole del fatto che, se quello raccontato da Grasso – il Gemelli “apripista di nuove discipline sul mondo dei media”, “psicologo del cinema”, “filmologo” e “percettologo” – è quello “vero”, ineluttabilmente ne consegue che il mio sarà quello “falso”.
Mi limito ad una minima serie infernale di dieci citazioni e lascio che ciascuno – studenti dell’Università Cattolica, professori più e meno in cattedra, abbindolati e assertori convinti – se la vedano con la propria coscienza.

1. Ormai in guerra, siamo alla prima, Gemelli scrive: “La patria chiama tutti alla sua difesa. Cessino le discussioni, i dissidi…(…) Oggi non c’è più luogo che per il proprio dovere, per tutto il proprio dovere compiuto con sacrificio, sino all’eroismo. Noi cattolici, che sino a ieri abbiamo lavorato per impedire la guerra, oggi dobbiamo dare tutta la nostra vita, tutta la nostra attività, tutto il nostro cuore, tutto il nostro ingegno a chi tiene nelle sue mani i destini della patria” (in “Vita e Pensiero”, 1, 10, 1915).

2. La più famosa. All’indomani del suicidio di Felice Momigliano (1866-1924), Gemelli scrive:
“se insieme con il positivismo, il libero pensiero e il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l’opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che tutto il mondo starebbe meglio ? Sarebbe una liberazione” (in “Vita e Pensiero, 10, 15, 1925).

3. “Pare” – bontà sua – “che la Provvidenza particolarmente insista nell’affidare a Mussolini missioni di pace” (in “Vita e Pensiero”, 19, 7, 1933).

4. Contro le sanzioni della Società delle Nazioni di Ginevra, ecco pronte le argomentazioni per giustificare la futura guerra nazifascista: “Nell’ora delle minacce, quando il bieco massonismo internazionale, la demagogia comunista, la forza prepotente di chi gavazza nell’abbondanza e il fariseismo di protestanti, congiuravano in un poco nobile e poco ideale connubio, alzando una pretesa spada di Damocle sul nostro capo, l’Italia ha saputo conservare una tranquillità così operosa e serena, un atteggiamento così concorde e virile, da dimostrare a quale altezza politica l’abbia saputa elevare in pochi anni il fascismo”.
E poi: “V’è alcuno che crede che i popoli non aumentino, o v’è chi crede che i territori aumentino con essi ? C’è chi pensa che i poveri hanno il dovere di non aspirare a migliorare le loro condizioni, anche se il contatto con i ricchi ha loro manifestato gli abissi della loro povertà e le laute soddisfazioni dell’altrui agio ? Si può per molto tempo pretendere che un popolo, che aumenta ogni anno incontenibilmente, si voti alla miseria e alla morte ? Aveva sbocchi demografici e mercantili: li hanno chiusi ! Aveva acquitrini secolari: li ha bonificati ! Aveva il deserto libico: gli ha strappato acqua e terre per nuovi oliveti ! Ha combattuto tredici anni una dura lotta per redimersi con il lavoro più energico dalla schiavitù di una terra non ricca: ne ha fatto un giardino ! E c’è ancora chi si illude di chiudere la porta a chi chiede nuovo lavoro, nella speranza che questo secolare dissodatore di terre, tagliatore di boschi tropicali, pioniere, in ogni latitudine, di civiltà e di progresso, s’acquieti nella disoccupazione e rifiuti al suo corpo perfino la speranza di un tozzo di pane ?” (in “Vita e Pensiero”, 1935)

5. Gemelli festeggia gli sterminii in Abissinia: “Il nuovo anno si apre. Non può che essere l’anno degli Italiani. L’aprono essi registrando all’attivo atti che nessuna storia di nessun popolo può registrare” (in “Vita e Pensiero”, gennaio 1936).

6. Nel 1937, Roberto Farinacci tiene una conferenza su La Chiesa e gli ebrei, in occasione dell’inaugurazione annuale dell’Istituto di cultura fascista (Tipografia del “Tevere”, Roma 1937) richiama la chiesa alla sua tradizione antisemita e Gemelli risponde positivamente. A conferma, lo stesso Farinacci in “Il regime fascista” del 5 agosto 1938, cita Gemelli come cattolico di fiducia, che professa apertamente il proprio “razzismo antisemita” .

7. Il “Corriere della Sera” dell’11 gennaio 1939 relaziona del discorso di padre Gemelli, il giorno prima, all’Università di Bologna, commemorando Guglielmo da Saliceto, e dice che “il pubblico presente aveva sottolineato con particolari applausi quando l’oratore aveva espresso il pensiero della Chiesa nei riguardi degli ebrei, ed aveva fustigato severamente coloro che, oltre frontiera, seguivano la politica della mano tesa”. Riportando, altresì, quella che Ernesto Rossi definì la “patetica conclusione del frate francescano”: “Tragica, senza dubbio, e dolorosa la situazione di coloro che non possono far parte, e per il loro sangue e per la loro religione, di questa magnifica Patria; tragica situazione in cui vediamo, una volta di più, come molte altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una Patria, mentre le conseguenze dell’orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo”.

8. Protesta contro chi “snatura” la “grande figura di Pio XI”: perché “Il Pontefice defunto”, sia ben chiaro, “non ha fatto né della democrazia, né del filogiudaismo, né dell’antitotalitarismo” (in “Vita e Pensiero”, 1939).

9. Gemelli e Oswald Kroh, presidente della società tedesca di psicologia, nel giugno del 1941, concludevano il convegno di psicologi italiani e tedeschi, “ambedue rivolgendo il saluto ai soldati che combattono in cielo, in mare e in terra, e ambedue esprimendo la convinzione che, sotto la guida del Duce e del Fuehrer, le truppe dell’asse riusciranno a dare all’inquieta Europa un nuovo assetto fondato sulla giustizia, sul lavoro, sulla reale collaborazione dei popoli” (da un resoconto di G. Pizzuti, citato da Mecacci).

10. Ma non si potrà mai accusare di lentezza. In un articolo intitolato 25 luglio 1943, in “Rivista di psicologia”, 39, 1943 (a firma “La redazione”), Gemelli scrive: “L’atteso domani è oggi finalmente realtà, a danno e scorno soprattutto di quegli ‘intellettuali’, molti, troppi, prostituitisi ad un pagliaccesco ed immorale regime, o per conformismo imbecille, o per congenita vigliaccheria, o per ottusità morale, o – caso più frequente – per soddisfare miserabili ambizioni e sciocche vanità, per lucrare cariche ed onori, privilegi e quattrini”.

Le citazioni sono tratte da G. Israel e P. Nastasi, Scienza e razza nell’Italia fascista, Il Mulino, Bologna 1998; L. Mecacci, Psicologia e psicoanalisi nella cultura italiana del Novecento, Laterza, Roma–Bari 1998 e E. Rossi, Il manganello e l’aspersorio, Parenti, Firenze 1958.
Parlando di Gemelli, perfino Giulio Andreotti c’è andato cauto, parlando di una mentalità “che si può chiamare una specie di machiavellismo cattolico, del fine giustifica i mezzi, sia pure applicato con le migliori intenzioni” (Intervista su De Gasperi, a cura di A. Gambino, Laterza, Roma-Bari 1977, pag. 31), tanto è vero che, “scoppiata la seconda guerra mondiale”, come dice Mecacci, “Gemelli assunse posizioni nettamente filofasciste; quando però divenne ormai chiara la fine del fascismo (e soprattutto dopo il 25 luglio 1943), egli arrivò persino a favorire all’interno dell’Università Cattolica la lotta clandestina per la liberazione nazionale”.
Da un po’ di anni a questa parte l’offensiva dei ripulitori cattolici si è fatta arrembante. All’insegna della “complessità”, hanno cominciato a parlare di un Gemelli “strategicamente” fascista – soltanto “strategicamente” – per trasformarlo in poche ben dosate battute in “antifascista”, in un “abilissimo manovratore”, in un “giocatore di equilibrio” fra pieghe mai purulente del regime. E’ così che ne è venuto fuori il “vero Gemelli”, amputato di parecchio – della gran parte andata a male – ma di quel tanto che basta affinché, tornando presentabile, un “pubblico” di fiduciosi se lo elegga a modello.

Le “interpretazioni” benevole, tuttavia, sono un conto; i documenti che restano – e che basta leggere – sono tutt’altro conto. Ma non solo: le interpretazioni benevole – per quanto benevole siano – ben che vada portano a considerare Gemelli come un “opportunista ideologico”, categoria che, rispetto a quella di “vero fascista”, ha soltanto l’ingrediente in più della malafede.

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